O Poeta Palhaço
Poeta, conto-te um caso
Que conheço bem de perto:
Era uma vez um palhaço
Pobre e roto, caricato,
De narizinho redondo
De um carmesim esfolado.
Entrava em cena quando
Nos bastidores do circo
Se maquilhava um outro
Que usava fato bordado
Riso pintado no rosto
Chapéu como o de Tartufo
Cantava em voz de contralto...
O palhaço de que falo
Voava em cada salto
Como se o levasse um sonho
Não se ria no entanto
E ficava sempre mudo.
Quando se achava no escuro,
Ficava vazio o circo,
Encolhia-se num canto
Abria a voz de seu pranto
E sozinho, libertado,
Tirava um papel do bolso
E, com o dedo lambuzado,
No suor do próprio rosto,
Ia escrevendo, escrevendo
Em poemas, seu calvário
De pobre palhaço risonho,
Enfim assumindo o vulto
Dessoutro sério, tristonho.
Encolhido no seu canto,
Descobria enfim o choro
Do ai profundo, seu Fado
Ser poeta alistado
De peito dilacerado...
Esquecendo então ser mudo
Soava o alto carpido
Estremecido, enfim solto.
Mau grado tendo o pano
Da tenda para abafá-lo,
Soava tão dolorido
Que alarmava todo o povo
Perturbando-lhe o sono.
Mal o amanhecia o dia
Punha-se a varrer a areia
E ao papel que escrevera,
Usando a tinta da cara,
Em confetes o rasgava;
Ia enfim lavar a cara
E de novo, pintalgava
um semblante de alegria.
Tomava assento a plateia
Entrava o palhaço em cena
... No brilho da noite, ria!
***
IL POETA CLOWN
poeta ti racconto un caso
che ben da vicino conosco:
c’era una volta un clown
povero e mal messo che aveva
un nasetto rotondo
color cremisi spellato
entrava in scena quando
nelle quinte del circo
se ne stava truccando un altro
che portava un abito ricamato
la risata dipinta sul volto
cappello alla Tartufo
e cantava con voce da contralto
Il pagliaccio del quale io parlo
ad ogni salto volava
come se un sogno lo portasse
ma non rideva
restava sempre muto
quando si trovava al buio
e restava vuoto il circo
si metteva in un canto
e dava voce al suo pianto
e solo liberato
prendeva un foglio dalla tasca
e con un dito intinto
nel sudore del suo volto
andava scrivendo scrivendo
in poesie il suo calvario
di povero pagliaccio che ride
assumendo infine il volto
dell’altro sé serio e triste
ritirato nel suo canto
riscopriva infine il pianto
del suo io profondo il suo abito
essere poeta catalogato
dal petto dilacerato
scegliendo così di essere muto
risuonava alto il suo lamento
tremante finalmente sciolto
malgrado il sipario calato
e la tenda per soffocarlo
risuonava tanto straziante
che spaventava la gente
turbandone il sonno
male nasceva il giorno
impegnato a spazzare la polvere
e dalla carta sulla quale scriveva
- usando i colori del suo volto -
stracciava coriandoli
per infine lavarsi la faccia
e truccarla a nuovo con sembianze di gioia
prendeva posto la gente in platea
il clown entrava in scena
… nella splendente notte rideva !
(trad. Terenzio Formenti )
Poeta, conto-te um caso
Que conheço bem de perto:
Era uma vez um palhaço
Pobre e roto, caricato,
De narizinho redondo
De um carmesim esfolado.
Entrava em cena quando
Nos bastidores do circo
Se maquilhava um outro
Que usava fato bordado
Riso pintado no rosto
Chapéu como o de Tartufo
Cantava em voz de contralto...
O palhaço de que falo
Voava em cada salto
Como se o levasse um sonho
Não se ria no entanto
E ficava sempre mudo.
Quando se achava no escuro,
Ficava vazio o circo,
Encolhia-se num canto
Abria a voz de seu pranto
E sozinho, libertado,
Tirava um papel do bolso
E, com o dedo lambuzado,
No suor do próprio rosto,
Ia escrevendo, escrevendo
Em poemas, seu calvário
De pobre palhaço risonho,
Enfim assumindo o vulto
Dessoutro sério, tristonho.
Encolhido no seu canto,
Descobria enfim o choro
Do ai profundo, seu Fado
Ser poeta alistado
De peito dilacerado...
Esquecendo então ser mudo
Soava o alto carpido
Estremecido, enfim solto.
Mau grado tendo o pano
Da tenda para abafá-lo,
Soava tão dolorido
Que alarmava todo o povo
Perturbando-lhe o sono.
Mal o amanhecia o dia
Punha-se a varrer a areia
E ao papel que escrevera,
Usando a tinta da cara,
Em confetes o rasgava;
Ia enfim lavar a cara
E de novo, pintalgava
um semblante de alegria.
Tomava assento a plateia
Entrava o palhaço em cena
... No brilho da noite, ria!
***
IL POETA CLOWN
poeta ti racconto un caso
che ben da vicino conosco:
c’era una volta un clown
povero e mal messo che aveva
un nasetto rotondo
color cremisi spellato
entrava in scena quando
nelle quinte del circo
se ne stava truccando un altro
che portava un abito ricamato
la risata dipinta sul volto
cappello alla Tartufo
e cantava con voce da contralto
Il pagliaccio del quale io parlo
ad ogni salto volava
come se un sogno lo portasse
ma non rideva
restava sempre muto
quando si trovava al buio
e restava vuoto il circo
si metteva in un canto
e dava voce al suo pianto
e solo liberato
prendeva un foglio dalla tasca
e con un dito intinto
nel sudore del suo volto
andava scrivendo scrivendo
in poesie il suo calvario
di povero pagliaccio che ride
assumendo infine il volto
dell’altro sé serio e triste
ritirato nel suo canto
riscopriva infine il pianto
del suo io profondo il suo abito
essere poeta catalogato
dal petto dilacerato
scegliendo così di essere muto
risuonava alto il suo lamento
tremante finalmente sciolto
malgrado il sipario calato
e la tenda per soffocarlo
risuonava tanto straziante
che spaventava la gente
turbandone il sonno
male nasceva il giorno
impegnato a spazzare la polvere
e dalla carta sulla quale scriveva
- usando i colori del suo volto -
stracciava coriandoli
per infine lavarsi la faccia
e truccarla a nuovo con sembianze di gioia
prendeva posto la gente in platea
il clown entrava in scena
… nella splendente notte rideva !
(trad. Terenzio Formenti )